Vahine no te miti, Paul Gauguin

Vahine no te miti, Paul Guiguin, 1892, Museo National Bellas Artes, Buenos AIres

IL dipinto Vahine no te miti “Donna dei sogni” è menzionato come “Studio per un nudo di schiena” in una serie di lavori realizzati da Gauguin durante il primo soggiorno a Tahiti che l’artista aveva annotato intorno all’aprile 1892 nel suo Carnet de Tahiti. Fu dipinto a Mataiea e si basa su un disegno a colori dello stesso taccuino.
Quando fu esposto a Parigi nel 1893, il critico e collezionista Thadée Natanson ne descrisse succintamente il soggetto: “di questa donna, seduta sulla sabbia, vediamo solo la sua schiena abbronzata tra i fiori quasi simmetrici che la schiuma del mare ricama sulle onde”. La metafora tra le creste del mare i fiori e i ricami evidenzia in modo appropriato l’uso di forme polisemiche da parte di Gauguin e la qualità ornamentale di questo motivo. I “fiori” di schiuma richiamano inoltre per forma e colore la conchiglia sulla spiaggia e i fiori bianchi del pareo sul ginocchio destro della donna.

Diversamente dagli altri dipinti di Gauguin che mostrano una donna tahitiana parzialmente vestita, questo pareo non ha né spessore né pieghe proprie ed è dipinto sulla gamba seguendo lo stile del panneggio manierista o verosimilmente di un tatuaggio sulla pelle – una consuetudine tra le polazioni dei mari del sud. La cresta d’onda a forma di fiore era già stata utilizzata da Gauguin in Bretagna (ad esempio, La Plage au Pouldu, 1889, collezione privata, Buenos Aires) e deriva dall’arte giapponese attraverso le stampe di Hiroshige.

La descrizione di Gauguin del dipinto come “Studio per un nudo di schiena” conferma che l’elemento essenziale è il dorso della figura. Diversi autori hanno sottolineato che nel libro del 1876 La nouvelle peinture, Edmond Duranty (sostenitore del realismo e poi dell’impressionismo), aveva sfidato gli artisti a presentare figure di spalle che ne caratterizzassero l’età, lo stato sociale e lo stato psicologico. Degas aveva risposto alla sfida, in particolare nei suoi pastelli di donne che fanno il bagno, alcuni dei quali furono copiati su una pagina dall’Album Briant di Gauguin, 1888-1889 (Musée du Louvre, Parigi).

In Vahine no te miti, la posizione goffa delle braccia e delle gambe conferisce alla schiena un carattere frammentario che ricorda la scultura antica, trasferendovi l’espressività generalmente attribuita al volto umano.
Nel 1948, Raquel Edelman trovò in questo dipinto la monumentalità realizzata a scapito dell’individualità e della sensualità, e riteneva che dimostrasse l’intenzione di Gauguin di “padroneggiare e sublimare il suo erotismo”. Tuttavia, l’opera si riferisce a una donna molto specifica, la cui anatomia esprime un carattere e anche una fisionomia. Per quanto riguarda l’erotismo di Gauguin, è tipicamente suggestivo e indiretto. Ronald Pickvance ha notato che la cresta dell’onda e il motivo floreale sul pareo sono “simili a un’ameba e animati da vitalità organica”.

Se aggiungiamo la conchiglia nell’angolo, parzialmente nascosta dalla forma stravagante dei fiori rossi, è chiaro che il corpo autonomo, simile a un frutto, della bagnante bagnante è circondato da un balletto di creature animate. I fiori rossi, come lo sfondo giallo, riappaiono in Parahi te marae, 1892 (Philadelphia Museum of Art),

Parahi te marae, Paul Gauguin, 1892

dove le piante imitano la sessualità umana. Nel dipinto di Buenos Aires, la grande foglia che dà origine al titolo è divisa come una mano in membra simili a dita che indicano la donna. Gauguin rimase incantato dalle suggestioni anatomiche dei frutti e dei fiori che trovò a Tahiti, spesso passati alla lingua e alla mitologia locale, ed è probabile che qui alludesse anche alla somiglianza tra le natiche femminili e la noce detta coco de mer, “cocco di mare”, il cui nome scientifico era stato originariamente Lodoicea callypige proprio per questa analogia.

Il titolo che Gauguin ha dato al dipinto si traduce infatti come “donna del mare” e si basa sulla stessa formula usata per Vahine no te tiare, “Donna del fiore”, 1891 (Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen) e Vahine no te vi, “Donna con frutto di mango”, 1892 (Museo d’arte di Baltimora). Parlando di quest’ultimo, Hiriata Millaud ha osservato che vahine –contrariamente a hine– significa una donna che ha già una vita sociale, e che l’attributo introdotto da no (“per” o “di”) può definire il carattere della donna in domanda piuttosto che semplicemente fungere da funzione descrittiva e mnemonica. La donna in Vahine no te miti, “Donna dei sogni”, dirige lo sguardo e l’orecchio verso l’oceano, più precisamente verso il mare aperto che è incorniciato tra due scogli o isole. Come le figure di David Friedrich viste di spalle, la donna di Gauguin agisce da mediatrice tra la natura e lo spettatore, e sembra davvero un essere “del mare”, come una Venere tahitiana che è insieme Anadiomene e Calipigia.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.